Missione in Africa: un sogno nel cassetto!
Sin da giovane ho sempre desiderato di essere missionaria in Africa senza mai manifestarlo. Durante gli anni del noviziato ho letto la vita di S. Teresina del Bambino Gesù e anch’io mi son detta che potevo essere missionaria con la preghiera e così non ci ho pensato più. Una volta professa sono entrata nel mondo della scuola dove ho operato per diversi anni e l’Africa è rimasta solo nel desiderio.
All’inizio di quest’anno, vedendo un video sulla nostra missione di Gatare, Sr Daniela, a brucia pelo, mi domanda: “Vuoi fare anche tu quest’esperienza?” Lì per lì sono rimasta un po’ confusa e perplessa, ma poi ho dato la mia disponibilità senza sapere bene cosa avrei fatto. Man mano che il tempo passava e via via che le cose andavano concretizzandosi ho avuto un po’ di timore e quasi quasi volevo rinunciare. Ho pregato e chiesto aiuto al Signore, a S. Annibale, mi sono rasserenata ed eccomi qui a Gatare, lontana da un mondo inquinato e di benessere, in uno spirito di povertà francescana, ma gioioso. Non ho sentito la mancanza di nulla, forse solo delle persone a cui voglio bene: la mia comunità, i miei parenti.
Sin dal primo momento ho capito di trovarmi tra gente semplice, povera ma tanto accogliente. Nel tragitto Butare – Gatare (e che strada!!!) i bambini si fermavano e salutando chiedevano “Agaciuppa” (bottiglia di plastica), il dott. Enrico con la moglie ne hanno distribuite tante. Il popolo rwandese è un popolo in cammino, sin dalle prime ore del mattino si mette in cammino, a piedi, per andare a lavorare: le donne nei campi o a prendere l’acqua… e ne fanno di cammino! I nostri bambini della scuola dell’infanzia arrivano scalzi dopo aver camminato per ore ed ore. Nell’osservare ciò, il mio pensiero è volato ai nostri alunni italiani, super nutriti e super protetti. Il primo giorno ho assistito all’uscita dalla scuola: una marea di bambini corrono verso il cancello, non vedo nessuno che li attende, ognuno prende un viottolo e corre verso casa e man mano sparisce tra gli alberi: è una scena commovente. Sono bambini dai tre ai sei anni.
Ho vissuto questi giorni nella comunità con grande gioia e ho ricevuto tantissimo: il clima fraterno, di preghiera, ma soprattutto di povertà vissuto con grande spirito di fede e di amore. Ho impartito alcune lezioni di italiano alle cinque novizie, ragazze molto aperte e piene di buona volontà. Auguro a tutte fedeltà e grande amore al Signore nella grande disponibilità al servizio dei poveri e dei piccoli secondo lo spirito del nostro Santo Padre Fondatore. Anche con i volontari, provenienti da Genova e facenti parte dell’associazione “Komera – Rwanda” (Coraggio – Rwanda), mi sono trovata bene, gente di cultura, ma molto semplice che lavora con impegno e grande disponibilità: chi al centro di sanità e nutrizionale come il dott. Enrico e la dott.ssa Renata; chi con i bambini della scuola come Marta, Silvia e Teresa; e chi impegnato nello stilare i vari progetti e reportages come l’ing. Andrea e l’avv. Francesco.
Quando la scuola era chiusa ognuno di noi si trovava un lavoretto perché qui c’è sempre da fare soprattutto quando ti ritrovi di fronte a tanti bambini con vestiti strappati e luridi. Abbiamo distribuito tanti vestitini portati dagli stessi volontari e Sr. Rosa anche viveri, ma ciò non basta perché alcuni hanno veramente bisogno di tutto.
In questa lontana terra Rwandese: il sole riscalda allo stesso modo, le stelle brillano con lo stesso splendore, la luna ha lo stesso volto, gli uccelli lo stesso cinguettio, i fiori lo stesso profumo, i bambini le stesse grida, lo stesso pianto, gli stessi giochi, lo stesso sorriso, ma perché tanta differenza? Quanta povertà, quanta miseria!
I nostri bambini hanno tutto, anzi troppo e questi sono privi di tutto, a volte, anche del necessario, ma non del sorriso che è spontaneo sul loro volto sereno. Una mattina, uno dei volontari, Francesco, stava per recarsi in chiesa ascoltando musica quando si imbatte con un bambino scalzo, con vestitini stracciati, infreddolito perché pioveva (poteva avere forse 4 o 5 anni). Lo prende cercando di riscaldargli le mani e lo conduce in chiesa per la celebrazione eucaristica. Lui tutto tranquillo attende, poi ci segue e Sr Rosa lo invita a fare colazione con noi e subito dopo, Silvia e Teresa gli fanno un bagnetto caldo e Marta e Renata lo rivestono a nuovo e lo rimandano a casa, ma aprendo la porta d’ingresso, ci troviamo di fronte la giovane mamma con la sorellina più piccola che usufruiscono anche loro dei vestiti nuovi e caldi. Ho pensato subito a quell’episodio della vita del Padre quando dopo aver accolto, lavato e messo a letto il ragazzo povero, mentre sta per baciarlo, vede e bacia il volto di Gesù. Di questi avvenimenti se ne possono raccontare tanti perché tanti sono i bambini che giornalmente si presentano alla missione. La carità di S. Annibale non si ferma, è grande come grande era il suo amore per i bambini e per i poveri di Messina. Chissà cosa avrebbe fatto in questa terra rwandese: penso proprio quello che ogni giorno cercano di realizzare le nostre consorelle che lavorano instancabilmente qui a Gatare.
Potrei ancora raccontare tante altre cose, ma termino ringraziando le comunità di Gatare e di Butare che si sono prodigate nell’accoglierci con amore, sempre attente perché nulla ci mancasse; grazie ai miei superiori che mi hanno permesso di fare quest’esperienza e soprattutto grazie al Signore e a S. Annibale che mi hanno dato la forza, la gioia e l’entusiasmo per realizzare il mio giovanile sogno.
Sr. Stella Maria Urso Gatare 11/28.07.2006