Dalla Circolare della Madre Generale
Il 20 maggio c.a. ricorre il 50° anniversario del primo ingresso delle nostre opere in Spagna. È giusto ed opportuno farne memoria trasmettendone il ricordo non solo alle Consorelle, ormai anziane, che a quegli eventi possono aver partecipato con il loro contributo fattivo o con le preghiere, ma soprattutto a quante, più giovani, non ne sono a conoscenza direttamente.
Desidero celebrare questa data per dei motivi che ritengo fondamentali:
1) leggere ed interpretare, insieme a Voi, il disegno di Dio, Signore della nostra Congregazione ed amoroso Padrone della messe, nella sua pienezza e nella sua incommensurabile provvidenzialità e alla luce che viene dalla distanza segnata dal tempo. Egli, intessendo occasioni apparentemente fortuite, ispirando decisioni coraggiose, fornendo al momento dovuto gli strumenti indispensabili, allargava prepotentemente, nell’ormai lontano 1959, gli orizzonti d’intervento di noi umili operaie a quella dimensione universale, a quella globalità senza confini, che è oggi una realtà concreta;
2) farne lode e ringraziamento, nella consapevolezza gioiosa che Dio è stato ed è sempre con noi, nella fatica del quotidiano di ognuna, come di ciascuna comunità: guida insostituibile del nostro cammino, Egli lo indirizza e lo orienta al di là delle nostre stesse intenzioni e dei nostri limiti (i quali a volte ci vorrebbero tenere ancorate al perfezionamento – o al mantenimento – di ciò che già c’è ed è “sicuro”), lanciandoci continuamente in un sorta di avventura straordinaria, di cui è Lui l’inventore;
3) trarre esempio dalle semplici, ma significative vicende di queste Fondazioni in terra straniera: le nostre Consorelle - è vero - hanno avuto un po’ di “paura” dell’ignoto che le aspettava, hanno avvertito dolore e nostalgia per quanto lasciavano e a cui erano abituate, erano coscienti - non senza sgomento – degli ostacoli insidiosi che avrebbero incontrato a causa della lingua che non conoscevano e che è strumento primario di comunicazione e di evangelizzazione, a causa degli usi e costumi diversi a cui dovevano adattarsi, a causa del nulla da cui partivano per costruire tutto. Ma hanno avuto fiducia cieca nello Sposo, scelto con amore all’atto della loro consacrazione; hanno provato forte la gioia di rinnovare nel concreto della vita il Sì pronunziato nell’entusiasmo giovanile di una straordinaria scoperta esistenziale; hanno sentito, quale insopprimibile esigenza, superiore a qualsiasi timore o diffidenza o senso di incapacità, di dover rispondere al grido di Gesù: “La messe è molta, ma gli operai sono pochi”, ma, più ancora, all’ardore del Suo Cuore compassionevole ed addolorato.