SALUTO E INTRODUZIONE
A voi carissime consorelle, amici, e a quanti siete presenti per partecipare a questo Convegno, porgo il mio caro saluto e il mio fraterno benvenuto.
Il convegno che ci accingiamo a vivere è un momento importante della vita del nostro Istituto che coinvolge anche coloro con i quali condividiamo le gioie e la fatica del cammino: i Confratelli Rogazionisti, i laici collaboratori e interpreti con noi del carisma del Rogate, i sacerdoti che prestano la loro opera pastorale nelle nostre case, i parroci nelle cui chiese sono presenti le nostre comunità e in cui svolgiamo il servizio della testimonianza e della pastorale.
E’ dunque un convegno che ha una dimensione ecclesiale con una particolare connotazione: quella dell’ internazionalità. Infatti sono presenti a questo convegno le Figlie del Divino Zelo provenienti dall’Italia, ma anche dall’Albania, dall’Australia, dal Brasile, dalle Filippine, dall’India, dall’ Indonesia, dalla Korea, dal Messico, dal Rwanda, dalla Spagna.
Rappresentando quasi tutte le nostre comunità sparse nei 5 continenti, siamo convenute qui per fermarci e insieme interrogarci sul nostro esistere nella Chiesa e nel mondo, una sosta che ci permetta, con l’aiuto del Signore, di metterci in ascolto e di lasciarci interpellare dalla sua Parola e dalla messe.
Desideriamo insieme guardare attraverso gli occhi e il cuore di Cristo all’uomo e alla donna di oggi, ai giovani e ai bambini delle nostre terre di provenienza, agli Avignone di oggi e cercare nuove vie, e trovare uno stile diverso, moderno, ossia più autentico per vivere con rinnovato zelo la carità di Cristo.
Arricchiti dall’ascolto e dalla condivisione, desideriamo quindi riprendere il cammino sulle strade del mondo, con i passi del Cristo del Rogate, con la tenerezza di un cuore di madre alla scuola di Marta e Maria, le discepole del Signore, per tornare con rinnovata gioia ed entusiasmo verso i fratelli che attendono la nostra testimonianza. Tale finalità è ben indicata nella scelta del tema del Convegno: “La missione della FDZ : camminare insieme per rendere più missionario il volto della nostra famiglia religiosa” e del rispettivo logo.
Il convegno inoltre si pone a metà del cammino del sessennio in corso che attraverso l’ultimo capitolo ha indicato l’itinerario comune: vivere la missione nella sua pienezza focalizzandone la identità, la dimensione comunionale, come dono che viene dall’ Alto, e come condivisione con i fratelli e le sorelle, lì dove il Signore ci ha posto.
La nostra missione è ormai un albero centenario le cui radici affondano profondamente nell'Eucaristia e nella Parola di Gesù, in particolare nel suo comando evangelico “ROGATE”. Nel suo tronco tale albero porta scritti i nomi di tutte le nostre consorelle passate che di quest'albero hanno "ricevuto e dato" nutrimento e vigore.
Ora ci siamo noi, ma c'è ancora spazio libero e nutrimento per tutte quelle che verranno. È un albero che non abbiamo piantato noi; l'abbiamo ricevuto in dono. Giunge a noi dal Signore Gesù, attraverso Sant’Annibale Maria Di Francia. Noi dobbiamo curarlo perché possa continui a portare frutti buoni e in abbondanza, cercando, senza sosta, per trovare il meglio, permettendogli di mettere radici in noi sempre più profondamente perché anche noi possiamo portare frutti in abbondanza.
E come per il giovane Annibale un cieco divenne la sua guida, così anche per noi è importante metterci in ascolto del mondo, dei suoi inespressi appelli, per comprendere gli indicatori della via da percorrere. Si, sentiamo il bisogno di rivisitare il senso che ha la nostra missione, a quali condizioni siamo sorelle e madri di cammino e soprattutto se siamo disposti a rinunciare ai nostri modelli già prestabiliti per scomodarci e convertirci a quanto il Signore e i nostri fratelli di strada ci chiedono.
Abbiamo bisogno insieme, come famiglia di sant’ Annibale, di tornare alle sorgenti della missione, il Cuore di Dio, fonte della missione, di guardare oltre l’opacità del quotidiano, per sentir risuonare in noi le parole del cuore del nostro amato padre Fondatore: “Cosa sono questi pochi orfani che si salvano e questi pochi orfani che si evangelizzano, di fronte a milioni che se ne perdono e che giacciono abbandonati come pecore senza pastore?”. E ancora, rivolgendosi proprio a noi sue figlie dice: “ Voi non dovete attendere alla vostra sola salvezza: il mondo è pieno di anime che vanno perdute: strappatene quante potete, quante vi sia possibile all’eterna rovina.… Ma per tutte le anime che non potete salvare con l ’opera vostra, abbiate un desiderio veemente,una fame e una sete continua della loro salvezza. Non siate indifferenti nemmeno alla perdita di una sola anima….”
In una chiesa che riscopre il valore della vocazione battesimale, della peculiare ricchezza di tutte le vocazioni, necessarie alla vita della chiesa, quale coscienza abbiamo della peculiarità della nostra vocazione di consacrate? In un mondo che scopre sempre più il valore della solidarietà sociale e del volontariato e il diffondersi di società sempre più erogatrice di servizi per la promozione e il benessere delle persone, qual’ è lo specifico della missione delle FDZ che con la forza del carisma sono inviate a insegnare, curare, evangelizzare, accogliere e tutelare la vita tra la messe più abbandonata?
In un mondo che cambia e che forse non ci chiede tanto dei servizi ma testimonianza di amore, tali domande sono fondamentali, dalla cui risposta che non è scontata può venire una riqualificazione della nostra missione.
La missione infatti trae origine dal mistero di Dio che è amore ( 1Gv 4,16) dal suo amore traboccante e infinito verso l’intera umanità e la creazione. Nella “pienezza dei tempi” questo amore ha inviato Gesù in mezzo a noi (cf. Gn 3,16), l’inviato dal Padre. La missione infatti fa parte dell’identità di Gesù. Non c’è che una sola missione: la missione di Dio, dell’amore di Dio che si estende a tutto il genere umano e alla creazione. Ne deriva che la missione è ciò che Dio fa, ciò che Dio compie nel suo amore. In molti modi Dio precede
Per noi seguire Gesù vuol dire condividere la sua vita e lo stile della sua missione sempre orientata al compimento della volontà del Padre che vuole che tutti siano salvi. Coloro che Gesù chiama, li sceglie per inviarli agli altri a predicare il Vangelo (cf. Mc 1,18; 3,14). Il discepolato cristiano è un discepolato in missione. Ciò è reso possibile dall’amore che ci spinge a uscire dal nostro piccolo io, dal nostro mondo di egoismo, dalla nostra vita di tranquillità e sicurezza, dalle nostre case per incontrare gli altri. Perciò la missione sta nel trovare gli altri nell’amore, andare loro incontro nell’amore.
Questo compito di donarsi interamente alla “missione” è implicito perciò nella nostrao chiamata; in effetti, mediante l’azione dello Spirito Santo che è all’origine di ogni vocazione e di ogni carisma, la vita consacrata stessa è una missione, come è stata tutta la vita di Gesù”.
Ma, se la missione significa amore, il modo con cui ci rapportiamo o incontriamo gli altri costituisce il problema primario della missione nel nostro tempo. Di fronte alle differenze dobbiamo resistere alla tentazione di ridurre gli altri a noi stessi o di plasmarli a nostra immagine. L’amore insegna ad amare gli altri per quello che sono, in maniera unica e diversa da noi. Di qui la sfida di fondo della missione oggi: come amare gli altri nella loro alterità.
La migliore testimonianza che possiamo offrire è la qualità della nostra vita e le relazioni amorose verso tutti coloro che incontriamo.
In questo amare gli altri nella loro alterità, Gesù stesso è nostro modello. Quando il Figlio Unigenito fu inviato a noi per amore del mondo, egli era in missione (Gv 3,16) e ha reso un immenso omaggio alla nostra alterità. Si “è fatto carne” e “ha piantato le sue tende in mezzo a noi” (Gv 1,14). “Spogliò se stesso” e “non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio” (Fil 2,6): egli è venuto per “servire” Mc 10,45 e a dare la vita per i suoi amici (Gv 15,45).
In effetti egli ha percorso un lungo cammino nell’accogliere l’alterità. In vita e in morte, ossia per dare a noi in pienezza la sua vita egli “spogliò” pienamente se stesso della sua divinità. Ma mediante questo suo abbraccio amoroso della nostra alterità egli potè salvarci e portare la vita al mondo.
In questi giorni, insieme, nella preghiera, con l ‘aiuto dei relatori, nella condivisione degli apporti da parte di tutti, vogliamo guardare di nuovo a Lui, origine e fonte della nostra missione e cercare di cogliere ciò che Egli vuole dirci e da cui scaturirà sicuramente per noi, per le nostre comunità, per i destinatari della nostra missione una “sovrabbondanza di vita”.
Con questo spirito di fede, con questi desideri nel cuore, iniziamo il Convegno affidandone la buona riuscita all’intercessione del nostro Padre Fondatore, Sant’Annibale M. Di Francia e di madre Nazarena mentre auguro a tutti buon lavoro!
Madre M. Diodata Guerrera
Superiora Generale- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
Iniziamo il convegno invocando su di noi, sulla Chiesa, sul mondo intero il dono dello Spirito di DIO.
Saluto introduttivo della Madre Generale